Cristallo-Pratica (2)

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Tratto da un dialogo realmente avvenuto…

« L’ametista mi calma e il diaspro rosso mi da energie giusto? » lui

« …dipende, forse sarebbe meglio che tu comprendessi più a fondo le origini della situazione che stai sperimentando prima di affidarti a qualsiasi tipo di rimedio… » io

« Ma ho letto che un ciondolo di ametista è un ottimo rimedio per la mia ansia! Non è così? » lui

« … dipende… » io

Già, dipende! L’impiego dei cristalli nelle pratiche olistiche è diventato – spesso – qualcosa che somiglia molto da vicino agli oroscopi che si leggono su tanti giornali “d’informazione”. La possibilità che l’universo, e quindi gli astri, possano interagire con le faccende umane è questione antica, ma che un trafiletto di poche righe possa essere adatto a tutte le persone nate sotto quello specifico segno è davvero una previsione assai ottimistica! Per la cristalloterapia si assiste spesso a uno scenario simile, purtroppo.

Le cose tuttavia, come non di rado accade, sono un pochino più articolate.

Già abbiamo compreso i motivi fisici alla base delle interazioni con i cristalli (“Cristalloterapia: cos’è, a cosa serve e come funziona” e “Cristalloterapia…principi fisici”), ed è dunque giunta l’ora di esplorare un po’ più a fondo la questione.

Ricorderemo che due sono i principali fattori che attribuiscono ai minerali le proprie capacità, il loro valore simbolico (che può dipendere da fattori storici, culturali e personali) e le loro proprietà intrinseche; dunque ora proveremo a esplorare questo aspetto che può diventare determinante per un uso efficace e consapevole dei cristalli.

Da questo punto di vista tre sembrerebbero essere gli aspetti ad influire maggiormente sulle capacità di un minerale e cioè la sua morfogenesi, la sua composizione fisica e la percezione che ne abbiamo. Queste particolarità rendono i cristalli molto più comprensibili e coerenti con diverse discipline millenarie, come lo yoga, la medicina tradizionale cinese, l’ayurveda, il tantrismo ed altre ancora.

Partiamo dalla prima delle caratteristiche innanzi indicate; la morfogenesi di un minerale attiene al risultato dei processi geologici che lo hanno generato e prendiamo in considerazione uno dei minerali più affascinanti e diffusi, il cristallo di rocca. Questo, meglio definito come quarzo ialino, appartiene al gruppo minerali degli ossidi e in particolare dei quarzi tra cui si distingue per la sua particolare trasparenza davvero simile al vetro. Il quarzo è un elemento comune delle rocce magmatiche intrusive acide (come il granito ad esempio) ma si trova anche abbondantemente in quelle sedimentarie (come l’arenaria).

Dal punto di vista della composizione fisica i quarzi presentano una struttura cristallina trigonale, costituita da molteplici tetraedri uniti tra loro per i quattro vertici formando delle spirali orientate a destra o sinistra. La sua forma (habitus) è un prisma esagonale con ai vertici le facce di due romboedri disposti in modo da formare una bi-piramide a base esagonale.

Infine il quarzo ialino si presenta come un cristallo immediatamente riconoscibile per il senso di purezza che sa trasmettere anche grazie alla sua singolare trasparenza. Una volta raccolto dall’espositore potremo anche apprezzarne il peso, la freschezza e la levigatezza, percependo un notevole equilibrio complessivo.

Bene, alla luce di quello che abbiamo detto poc’anzi, ciascuno di questi elementi contribuirà a conferire al cristallo di rocca le sue pregevoli proprietà.

Colore, origini geologiche e composizione fisica si tradurranno in un flusso vibratorio dalle armoniche complesse e profondamente articolato. Volendo sintetizzare, siamo di fronte a una pietra che può essere di origine tanto lavica quanto sedimentaria, quindi prossima tanto agli elementi yang (fuoco) quanto a quelli yin (acqua). Ha un habitus piramidale a base triangolare, una delle forme più solide in natura ma anche che meglio rappresentano il collegamento tra terra e cielo. Al tatto è freddo e davvero liscio ma sa stupire per la sottigliezza dei suoi profili, affilati ma al contempo fragili.

Per comprenderne i possibili effetti su di una persona, tuttavia, ciascuna delle sue caratteristiche andrà messa in relazione con la situazione specifica di quest’ultima, osservata, ad esempio, attraverso una o più delle discipline richiamate. Un operatore ayurvedico – pur non impiegando ordinariamente questi strumenti – potrebbe trovare utile ricorrere alle proprietà del cristallo di rocca per intervenire su una o più delle energie elementali presenti nella persona (etere, aria, fuoco, acqua e terra). Allo stesso modo un praticante della MTC potrebbe affidarsi alle componenti maschili e femminili per riportare equilibrio il qi del soggetto. Un conoscitore dello yoga o del tantrismo sarebbe portato ad impiegare il quarzo ialino per agire su uno o più specifici centri energetici, sfruttandone per esempio le vibrazioni energetiche nello spettro del visibile, ovvero il colore.

A questa già evidente complessità si aggiunga che i minerali posseggono un raggio di azione limitato nello spazio; ciò significa che anche la loro collocazione può essere determinante ai fini dell’efficacia dell’azione! Anzi, possiamo dire che mettere il cristallo giusto nel posto sbagliato non solo lo renda inefficace bensì lo trasformi potenzialmente in una causa di effetti indesiderati, se non negativi. E questa considerazione vale sia che si ricorra ad azioni sui dosha (carattere energetico predominante per l’ayurveda), sia che si agisca sui meridiani (canali energetici della mtc) sia, infine, che si intenda intervenire sul funzionamento dei chakra (centri energetici dell’induismo).

Iniziamo ora a comprendere perché sentiamo talora dire, ad esempio, di portare quel determinato cristallo in un punto piuttosto che in un altro del corpo. Questa indicazione, tuttavia, deve essere intesa alla stregua degli oroscopi generalisti cui si faceva riferimento nelle prime righe di questa breve riflessione. Se infatti ciascun cristallo può possedere uno o più luoghi elettivi, ovvero con cui manifesta una particolare sintonia generale, non esiste un punto in sé sbagliato per posizionarlo; casomai di sbagliato – cioè non desiderato – ci potrà essere solo l’effetto che esso produce!

Per fare un esempio di scuola, porre una tormalina nera all’altezza dei chakra superiori viene in genere sconsigliato, ma possono esservi circostanze in cui questo sia l’intervento proprio più adatto alla situazione specifica. Allo stesso modo il diaspro rosso spesso è associato al primo o al secondo chakra ma, in determinate situazioni, potrebbe produrre risultati indesiderati. Non si tratta tuttavia di effetti contrari alle aspettative, in quanto queste devono essere fondate sulla piena conoscenza della pietra impiegata nonché sulla comprensione del caso specifico a cui la si vuole applicare.

A questo scopo, va sempre considerato che l’obiettivo da ricercare, per il benessere reale di una persona è quello di favorirne l’omeostasi energetica e funzionale; si tratta della condizione di massimo equilibrio possibile, in cui l’energia scorre fluidamente, realizzando una armonia complessiva tra la dimensione materiale e immateriale della persona.

In questo senso si comprende allora la necessaria attenzione nell’uso della cristalloterapia. L’impiego di un minerale in un punto del corpo, piuttosto che un altro altrove, produrrà sì il medesimo effetto energetico che gli è proprio, ma i risultati pratici – cioè il feddback sperimentato dalla persona – potranno essere significativamente differenti in ragione delle sue condizioni specifiche.

In altre parole, se stiamo considerando la possibilità di impiegare alla leggera alcuni rimedi cristalloterapici tanto “male non fa”, forse è meglio che desistiamo da questa intenzione. Con queste premesse il risultato migliore cui possiamo aspirare, infatti, sarà di una loro inefficacia, fatto salvo il possibile effetto placebo.

Se invece volessimo approfittare a pieno dell’aiuto dei rappresentanti del mondo minerale – efficacissimi alleati e talvolta persino complici – allora impariamo ad impiegarli nel modo più accurato possibile, unendo a questa preliminare conoscenza una approfondita e preliminare comprensione delle proprie condizioni.

Infine una riflessione conclusiva sulla cristalloterapia in generale. In considerazione della sua natura olistica, della sua necessaria complementarietà alla medicina ufficiale nonché, soprattutto, dell’intrinseco valore empirico delle nozioni che ne derivano, sarebbe preferibile riferirsi ad essa con il termine di cristallopratica, seguendo così la strada già segnata da altre discipline nel recente passato.

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